Regime forfettario e redditi da lavoro dipendente
Supponiamo che tu abbia un contratto da lavoro dipendente e che tu stia pensando, nel tuo tempo libero, di aprire una partita IVA per avviare quell’attività professionale o di impresa che da molti anni sogni di avviare. Hai pensato di aderire al regime agevolato forfettario, ma vuoi essere sicuro di poter aderire, visto che hai anche il lavoro da dipendente. Vediamo di seguito i principali aspetti di cui tenere conto in questo caso.
Il limite dei 30.000 euro lordi annui
La prima cosa che dovrai verificare è quale sia il tuo reddito lordo annuo derivante dal tuo contratto di lavoro dipendente. Infatti il reddito complessivo annuo lordo dovrà essere inferiore ai 30.000 euro annui: se è superiore, sei automaticamente escluso dal regime forfettario. Questo non significa che non potrai aprire la tua partita iva: potrai ma dovrai operare nel regime della contabilità semplificata.
Quale anno prendere come riferimento? Se stai pensando di aprire la partita iva al 1 gennaio 2022, dovrai verificare il tuo reddito da lavoro dipendente conseguito nell’anno d’imposta 2021. Ti servirà forse un aiuto, perché, non disponendo ancora della Certificazione Unica 2022 (che ti arriverà a marzo 2022), dovrai verificare il reddito lordo ricavandolo dalle tue buste paga mensili.
Attenzione. Se hai rassegnato le dimissioni per poter avviare la tua attività imprenditoriale o professionale con partita iva, puoi accedere al regime forfettario anche se da dipendente percepivi un reddito superiore a 30.000 euro; in altri termini, la verifica di tale soglia è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato.
Questo è ciò che dice la legge: l’Agenzia delle Entrate ha recentemente espresso in merito un parere diverso (risposta ad interpello n. 368 del 24/05/2021). Secondo l’Agenzia delle Entrate, per poter applicare il regime forfettario anche in presenza di redditi da lavoro dipendente superiori a 30.000 euro, la cessazione del rapporto di lavoro deve essere intervenuta nel periodo d’imposta precedente. Un passaggio che rispecchia la prima formulazione della norma, ma che oggi risulta – a nostro modesto avviso – del tutto arbitraria.
L’attività svolta nei confronti dei datori di lavoro
Un altro aspetto a cui prestare attenzione sono i committenti per i quali andrai a svolgere la tua nuova attività imprenditoriale o professionale.
Se svolgerai la tua attività a latere rispetto al tuo lavoro da dipendente, non potrai lavorare prevalentemente per i tuoi attuali datori di lavoro (questa sarebbe una causa di esclusione dal regime forfettario). Questo caso è oggettivamente abbastanza raro: è molto probabile che lavorerai per soggetti terzi, che sono completamente estranei alla tua attività lavorativa da dipendente.
Ma particolare attenzione va prestata nel caso in cui tu avessi rassegnato le dimissioni per avviare la tua nuova attività in proprio: in questo caso non potrai lavorare prevalentemente per i tuoi ex datori di lavoro per almeno due anni dalla cessazione del rapporto di lavoro. Il divieto riguarda anche soggetti direttamente o indirettamente riconducibili agli ex datori di lavoro.
Cosa si intende con prevalentemente? Fatto 100 l’ammontare dei tuoi ricavi annui, l’importo erogato da datori di lavoro (attuali ed ex) non deve eccedere il 50%.
Perché il Legislatore ha inserito questo divieto? Di fatto per evitare che una persona venga licenziata o convinta a rassegnare le dimissioni per poi farle svolgere le stesse mansioni che svolgeva da dipendente ma sotto forma di collaborazione autonoma.
Il caso dei praticanti
Se hai terminato il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di un’arte o di una professione regolamentata (ad esempio se hai terminato la pratica da architetto o da avvocato), non preoccuparti di quanto sopra: per esplicita esclusione di legge, la regola non si applica nel tuo caso. Potrai svolgere la tua nuova attività professionale anche nei confronti del tuo vecchio dominus.